Questo è il titolo del nuovo libro di Andrea Staid, antropologo e docente di antropologia culturale e visuale presso la Nuova accademia di Belle arti di Milano e di letterature comparate dall’Università dell’Insubria.

Ormai da secoli l’essere umano considera il pianeta terra come una risorsa inesauribile di cui fare spesa ed estrarre tutto quello di cui ha bisogno e anche di più, sfruttando e piegando la Natura secondo i propri voleri ed interessi, senza curarsi delle tragiche conseguenze.

Il risultato è oggi un ecosistema inquinato e tossico che mette in pericolo di estinzione l’essere umano stesso e tutte le altre specie viventi che popolano questo pianeta.

In preda ad un delirio di onnipotenza abbiamo dichiarato il nostro dominio su tutto trasformandoci in predatori del pianeta Terra.

Ma la domanda che l’autore Andrea Staid, si pone in questo libro è:

Siamo davvero così diversi e superiori rispetto a tutti gli altri esseri viventi?

Questa è secondo me la vera domanda che dovremmo porci tutti in maniera intima e profonda, scoprendo che la risposta potrebbe cambiare il nostro modo di vedere e vivere questo mondo, magari migliorandolo.

Partendo dalla definizione di Cultura e Natura e inserendosi in quello che è il dibattito antropologico su questa tematica, Staid arriva a descrivere la crisi climatica che stiamo vivendo e, soprattutto, le cause sociali che secondo lui ci hanno portato a questo punto: colonialismo e antropocentrismo.

Si tratta di comportamenti sociali secolari, tossici e fondamentalmente di origine “occidentale”, che hanno portato come conseguenza all’estrattivismo e all’ecocidio.

Nel libro si arriva inevitabilmente a trattare il tema della soggettività delle altre specie viventi non umane e quindi all’oggettivazione degli animali e al problema dello specismo, altro grave comportamento culturale che ci ha portato in una spirale di violenza autodistruttiva.

Tema trattato è anche quello della “Natura che ci cura” attraverso l’uso dell’orto e del paesaggio come “cambiamento del qui e ora”, una serie di esperienze personali che suggeriscono strade per una riconnessione con la Natura.

Inoltre ho trovato spunti di riflessione molto interessanti per chi, come me, si interessa e occupa di progettazione del territorio e del tessuto urbano, ma anche per tutti coloro che hanno a che fare con la trasformazione diretta o indiretta dell’ecosistema, riflessioni che dovrebbero portare a considerare “l’ambiente come un territorio di relazioni e non come qualcosa da dominare”.

L’ultimo capitolo è dedicato ad una serie di interviste che Andrea Staid fa a quelle persone che lui definisce “Disertori della crescita”, cioè persone che hanno scelto di vivere, per alcuni versi, fuori dagli schemi imposti, persone che si sentono parte della Natura e non separati dalla Natura.

Ed è per questo che recensisco con piacere questo libro: non solo perché tratta temi urgenti che sento profondamente anche miei, ma anche perché tra le persone intervistate compaio anche io, in un capitolo intitolato
“Michele Ricci: costruire in armonia e rispetto”.

Grazie a questo libro ho avuto la possibilità di raccontare la mia personale visione del mondo, che ha influenzato il mio modo di vivere, di mangiare e di lavorare. Ho avuto modo di raccontare una piccola parte della mia esperienza personale e lavorativa filtrata attraverso il rapporto che sento con l’ecosistema vivente di questo mondo, la consapevolezza di essere Natura e non una seconda natura.

Questa visione spiega, oltre ad alcune scelte personali raccontate nel libro, anche la mia scelta di uscire dai classici schemi della mia professione di progettista e di diventare un BioArchitetto con la volontà di proporre e progettare per i propri committenti sistemi abitativi sostenibili, sani e più in armonia con la Natura come ad esempio le case in paglia e le ristrutturazioni ecologiche con materiali vegetali.

Ringrazio quindi Andrea Staid per avermi fatto partecipe della sua necessaria ricerca antropologica.

Con molto entusiasmo consiglio quindi la lettura di questo bellissimo libro: “Essere Natura. Uno sguardo antropologico per cambiare il nostro rapporto con l’ambiente” edito dalla UTET.