di Arch. Sauro Guarnieri

Ho notato che lo sviluppo della letteratura sui vari aspetti della Permacultura sta passando da un’iniziale attenzione quasi esclusiva verso la cura della terra (motivo per il quale ancora molti neofiti ci entrano in contatto pensando di trovare buone tecniche per la coltivazione dell’orto), ad un maggior risalto delle relazioni umane naturalmente presenti in ogni processo (anche per recintare il mio terreno dei sogni ho a che fare con un vicino), fino all’attuale interesse per la condivisione equa delle risorse dove l’essere umano si rende conto di far parte indissolubilmente di una o più comunità (anch’esse da coltivare se vuoi averne dei frutti).

Se vuoi leggere in generale su cos’è la Permacultura e perché si sta diffondendo, leggi questo articolo.

Perché applicare la permacultura?

Nella mia pratica professionale, e ancora più nella mia vita, la Permacultura ha costituito un’intima trasformazione del mio modo di vedere e abitare il mondo. Ho cominciato a dosare le mie energie e vedere per ogni azione almeno tre buoni motivi per farla. Capita spesso di domandarmi se il progetto che sto facendo soddisfa i principi di Holmgren oppure di sorprendermi a citare Mollison con amici e colleghi:

  • “Si fa con quel che c’è”,
  • “Bisogna lavorare con e non contro”
  • “Il problema è la soluzione”.

Ero in piena crisi esistenziale quando nel 2012 incontrai la parola Permacultura e, senza aver bisogno di leggere niente, mi tuffai nel corso di progettazione certificato di 72 ore. Forse la prima volta nella mia vita in cui mi prendevo 12 giorni di ‘vacanza’ in pieno periodo lavorativo, dovendo fare da subito i conti con la mia vita precedente: “Ma cosa vai a fare? Permache?! Non perdere tempo, devi lavorare!” Alcune delle voci del mio giudice sociale affioravano, ma senza remore partii per Torri Superiore, in provincia di Imperia.

Da Firenze arrivai fino al confine, non solo con la Francia ma con l’idea di me stesso che mi ero fatto fino a quel momento. A Torri scoprii che ciò che sentivo nel mio profondo era condiviso anche da altri e altre che cercavano qualcosa di naturale, così apparentemente lontano dalla vita quotidiana ma così incredibilmente vicino alla memoria dei miei genitori mezzadri e a quella atavica dei miei antenati etruschi. Quello che sentivo dentro di me aveva un nome e i volti dei miei compagni di viaggio: non ero solo.

Da quel corso la mia vita ha preso una svolta decisamente più serena e consapevole, e proprio a partire dalle relazioni molti cambiamenti sono accaduti. Il naufragio di un gruppo di cohousers mi ha portato a fondare e vivere in un progetto di ecovillaggio sull’Appenino tosco-emiliano, poi tre anni all’estero tra Svizzera e Germania in cui ho messo in discussione il mestiere di architetto per dedicarmi comunque al cantiere ma dal lato di chi costruisce, aiutando un paio di esperti falegnami. Infine il rientro in Italia facendo la scelta di non accettare più lavori che non rispondessero alle mie etiche personali, ovvero quelle della Permacultura.

Oggi reputo fondamentale avere una relazione profonda con la committenza, rispettare e ascoltare i sentimenti e i bisogni di tutti gli attori coinvolti, condividere gli obiettivi di sostenibilità effettiva del progetto, l’impiego di materiali naturali e/o di recupero minimizzando le tecnologie complesse e in generale considerando tutte le energie (soprattutto umane) immesse e dissipate nel sistema.

Nel 2019 mi sono accreditato presso l’Accademia Italiana di Permacultura presentando 12 progettualità che ho portato avanti nei due anni di apprendimento attivo tra agricoltura sociale, cantieri in autorecupero, laboratori di teatro sociale nei campi profughi, facilitazione nei gruppi attraverso la comunicazione ecologica ed empatica ed altro che rappresentano l’idea di Permacultura che sto portando avanti nel quotidiano.

Ringrazio ancora i miei due tutor e amici: Fabio Pinzi e Alessandro Caddeo, il primo per avermi introdotto alla Permacultura e poi coinvolto attivamente nei suoi corsi come docente sui temi dell’abitare, ed il secondo per essere la mia principale ispirazione sui grandi temi personali e sociali.

Permacultura e case in paglia: un incontro naturale

Tornando alla costruzione di un ambiente di vita sano per l’umanità e rispettoso delle altre forme di vita, non posso fare a meno di pensare alle case in legno e paglia, che ho cominciato a frequentare in cantiere dal 2009, durante la ricostruzione post terremoto a Pescomaggiore, vicino L’Aquila (progetto E.V.A.).

cantiere di un case ecologica in paglia di riso
Foto di cantiere durante la costruzione di una casa di paglia –  © CaseInPaglia.it

L’uso della paglia in cantiere non teme confronti con altri materiali in quanto a – passatemi il termine – ‘permaculturalità‘. Prodotto di scarto della coltivazione cerealicola, non subisce trattamenti nel processo di trasformazione se non il semplice taglio meccanico e legatura (meglio ancora se proveniente da coltivazione senza uso di sostanze petrolchimiche); viene messa in opera come un grande mattone leggero da una o due persone al massimo, senza uso di macchinari; e poi tra decine di anni se sarà necessario dismettere la costruzione, la paglia potrà essere sciolta su un cumulo di terra per pacciamare l’orto.

cantiere di una casa di paglia di riso
Foto di cantiere durante la costruzione di una casa di paglia –  © CaseInPaglia.it

Ormai i benefici tecnici delle case in paglia sono ampiamente diffusi sul web. Da parte mia lascio agli esperti di termotecnica l’analisi puntuale delle caratteristiche igrotermiche del materiale, consigliandovi soltanto di andare a visitare qualche amica o conoscente che si sia costruito una casa in paglia, così potrete gustare con il corpo cosa significa viverci dentro e non avere più, di colpo, bisogno di altre risposte.

Se vuoi intanto informarti meglio su caratteristiche e vantaggi di una casa in paglia, riunisci le persone con cui stai sognando di intraprendere una vita più sostenibile e prendetevi 50 minuti del vostro tempo per guardare questo video!

BIOEDILIZIA IN PAGLIA

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